D) Da quanto tempo dipingi? Parlami di te con una breve biografia.
R) Dipingo da sempre o forse sarebbe meglio dire disegno. Lo faccio da quando avevo sei/sette anni e seppur con lunghissime interruzioni non ho mai smesso di farlo. Sono sempre stata affascinata dal mondo dell’arte a 360 gradi e non a caso sono musicista di professione, pianista per l’esattezza, e scrittrice di libri per l’infanzia e di carattere musicale. La mia biografia parla quindi di concerti, di libri, ma mai di quadri, passione relegata a una sfera più intima, nonostante che per circa due anni, fra il 2010 e il 2012 io abbia avuto il piacere di presentare le personali di molti pittori che esponevano settimanalmente in un noto locale livornese.
D) Come è nata la tua passione?
R) Questa passione è nata grazie a mio nonno, Gino Marchetti, pittore e amico fraterno di Giovanni March, con cui condivideva l’amore per l’arte, le conversazioni sulle tecniche pittoriche e grandi mangiate nelle osterie, ritrovo di altri pittori locali. Anche mio padre Alessandro è stato determinante nell’alimentare in me questo desiderio. È sempre stato un estimatore e collezionista dei quadri dei post-macchiaioli e in particolare del Gruppo Labronico, da Rontini (più celebre come Giulio da Vicchio) a Dino Pelagatti, da Renato Natali a Cafiero Filippelli, senza tralasciare qualche sporadico affacciarsi all’arte contemporanea di Voltolino Fontani e Alvaro Danti. Impossibile quindi rimanere indifferente a pareti interamente tappezzate di quadri; mi ricordo ancora come passassi il tempo, ancora piccola, a cercare le differenze nel tratto dei vari pittori e come mi sforzassi di scoprirne l’autore proprio in base alla cifra originale che li distingueva l’uno dall’altro.
Infine, ma non per ultima come importanza, una meravigliosa insegnante di storia dell’arte alle scuole medie, che ha contribuito a sviluppare il mio senso critico, le mie capacità pittoriche e le mie conoscenze artistiche.
D) Quali sono il tuo stile e la tua tecnica?
R) Il mio stile e la mia tecnica sono profondamente sintetici ed essenziali; il tratto è nitido e ben definito, quasi primitivo, e i colori si riducono a due, il rosso e il nero, usati senza alcuna sfumatura sullo sfondo della tela bianca. Solo raramente fa capolino un altro colore, spesso il verde dell’iride degli occhi, piccola macchia che risalta così maggiormente. Si tratta di ritratti, reali o immaginari, di personaggi immortalati in un primissimo piano che termina oltre i confini della tela, ma sempre accompagnati da un elemento musicale, cifra distintiva di ogni mia opera.
D) A quali manifestazioni, mostre individuali o collettive e premi hai partecipato?
R) La mia formazione da autodidatta e il forte impegno nel campo musicale non mi hanno mai dato il “coraggio” di proporre le mie opere al pubblico. Sono uscita allo scoperto solo da pochi mesi, con la partecipazione alla rassegna “Arte sotto gli archi” che si svolge mensilmente nella zona Porta a Mare di Livorno.
D) Cosa ne pensi dell’arte moderna?
R) Partiamo dal presupposto che amo l’Arte, in maniera incondizionata, sotto tutte le sue forme. Vorrei rispondere però a questa domanda con un’altra domanda: cosa intende per Arte Moderna? Devo far riferimento esclusivamente alle opere create in epoca relativamente recente ma già storicizzate (Romanticismo, Impressionismo, Cubismo, Espressionismo, per citare le più celebri) o posso considerare anche le opere dell’Arte Contemporanea, che spesso coinvolge nuovi strumenti di espressione artistica, come l’arte digitale? Sicuramente mi sento attratta e affascinata da entrambe, con le infinite sfumature di significato che portano con sé.
D) Ci sono dei pittori che ti hanno maggiormente influenzato?
R) Sono molti i pittori che hanno avuto un’influenza determinante nello sviluppo del mio senso estetico; si tratta di grandi artisti che ho “incontrato” durante i miei continui studi e che hanno arricchito la mia visione della realtà. Primo fra tutti l’immenso Claude Monet, re dell’impressionismo francese. Non lo amo solo per la capacità straordinaria di usare il colore e la luce, ma anche e soprattutto per la sua consapevolezza di quanto effimero fosse lo splendore dell’attimo che subito si spegne; cercava di vincere con le “serie” (in particolare quelle delle Cattedrali, dei Mattini sulla Senna, delle Ninfee) proprio la caducità e l’oscura morte che accompagna ogni attimo. Ecco che per Monet l’opera d’arte diventa il luogo in cui fissare una realtà che sta per lasciarci per sempre e per ritrovare, nel felice presente della creazione, il tempo perduto (cit. Giuliana Giulietti in Proust e Monet). È proprio questa concezione del tempo che ho cercato di trasferire nei miei ritratti privi di una dimensione temporale. Altro pittore per me fondamentale è stato Joan Mirò, con il suo prendere le distanze dal concetto di prospettiva rinascimentale per abbracciare e rievocare l’arte primitiva, i dipinti murali, le sfumature di colore utilizzate dagli artigiani medievali, l’uso di segni che rimandavano ad un mondo simbolico. Ecco che la rinuncia all’esteriorità, la ricerca dell’essenziale, la sincerità espressiva è sicuramente la lezione creativa che cerco di fare mia in ogni lavoro che creo.
L’importanza di una graduale semplificazione mi deriva anche dalla lezione di Hokusai, il pittore, incisore e illustratore delle Cento vedute del monte Fuji; quella di Hokusai è una ricerca che avviene tramite una progressiva spoliazione del materiale pittorico, fino ad arrivare all’uso di elementi minimi, un punto o una linea, dotati di una propria vita e carica espressiva. Inoltre, la sua tavola cromatica piatta, priva del chiaroscuro oltre che delle caratteristiche prospettiche, è sempre stato per me un elemento di profonda fascinazione. Non posso poi non citare Roy Lichtenstein, uno dei principali esponenti della Pop Art e grande rivoluzionario del linguaggio espressivo fin dall’esordio della sua carriera, negli anni ’50, anni in cui iniziò a inserire le prime immagini di fumetti nelle sue opere. Forse troppo banale per alcuni, ma ha fatto di quella banalità proprio il suo cavallo di battaglia. Ancora una volta ho cercato di fare mia questa apparente elementarità, per rappresentare la mia realtà, il mio messaggio, il mio racconto.
D) Pensi che l’arte e la cultura abbiano perso interesse negli ultimi anni?
R: Sono profondamente convinta che il ruolo dell’artista sia quello di raccontare una storia a se stessi, agli altri, a un pubblico futuro, non importa a chi; chi guarda un quadro o ascolta una musica deve essere trasportato in un altrove, fatto di colori e emozioni, distinto dalla realtà che quotidianamente viviamo. Questo carico di “bellezza”, intesa in un senso molto ampio del termine, potrà poi essere trasferito nel proprio vissuto e arricchito.
Solo così l’artista può avere il proprio ruolo in una società in profonda evoluzione e crisi e mantenere desta l’attenzione in un mondo sempre più veloce e poco incline a fermarsi a riflettere e ascoltare.
(Intervista di Nadia Consani)